Non sono stato affetto sempre da determinismo ambulatorio; credo di non esserlo neppure oggi, sebbene approfitti di ogni occasione per mettere in moto le gambe.
In compenso ho attraversato tutte le fasi di cui si parlerà nelle pagine dell’ebook che trovate qui al fondo: un’infanzia piuttosto pigra, nella quale lo spostamento a piedi era dettato solo dalla necessità e considerato al più un fastidio, un’adolescenza irrequieta ed esibizionista, con la scoperta del piacere di camminare e di correre risolta in una costante mania di prestazione, una maturità nella quale quel piacere è diventato un’abitudine consapevole.
Per la vecchiaia, la cui soglia è ormai alle spalle, spero solo che l’abitudine possa trovare il più a lungo possibile conforto nella salute e nell’integrità fisica, e misura nell’intelligenza.
Se di una forma di determinismo si può invece parlare, riguarda tutto ciò che tratta di letteratura di viaggio e particolarmente del racconto di viaggi a piedi.
In questo caso l’occhio del bibliomane e quello del camminatore convergono (in effetti sono leggermente strabico) e si coalizzano per scovare, soprattutto nei mercatini e sugli scaffali dell’usato, qualsiasi resoconto, diario, relazione di soggetto odeporico.
Non solo: ho anche scritto prevalentemente di viaggiatori, esploratori e alpinisti. Quasi una monomania. Infatti, Uomini strade impronte. Una storia del camminare si colloca accanto a una serie di minibiografie di personaggi accomunati dal non avere terraferma.
Teoricamente dovrei aver chiuso il cerchio, ma i piedi trasmettono in continuazione nuovi stimoli al cervello: quindi non garantisco nulla.
Non ho la presunzione di delineare una qualsivoglia filosofia, sociologia o psicologia del camminare. Sono state scritte ultimamente sin troppe cose in proposito.
Io racconto semplicemente di uomini e di strade. Non credo che il piacere intrinseco a un gesto venga esaltato dalla conoscenza approfondita delle sue possibili motivazioni: per gustare un gelato alla crema non è indispensabile sapere come funzionano le papille gustative. Ogni camminata ha motivazioni diverse, si svolge in uno stato d’animo diverso, sollecita parti diverse del corpo e della mente. Ciò che conta è che la somma finale non sia guastata da un eccesso di consapevolezza e di autocompiacimento.
Per quanto mi riguarda, però, una motivazione inconscia credo abbia accomunato tutte le mie scarpinate. Mio padre fece menzione una volta di un suo sogno ricorrente, quello di correre o di camminare normalmente, e dello sconforto che lo coglieva al risveglio, quando tornava a confrontarsi con la sua menomazione. Non l’ho mai scordato e credo di aver camminato in tutti questi anni anche per lui. Spero che in qualche modo lo abbia avvertito. Se così fosse, ogni mio passo avrebbe avuto un senso.
Paolo Repetto
Leggi un estratto, scarica l’eBook gratuito